Caffè e aritmia: non c’è correlazione. Lo dimostra un’indagine

Non c’è correlazione tra l’assunzione di caffè e i problemi di aritmia: a sfatare il mito secondo cui il caffè interferirebbe con il rischio di aritmia cardiaca è l’Institute for Scientific Information on Coffee (Isic) che ha appena concluso una revisione della letteratura scientifica su questo tema. Questo Istituto ha analizzato tutti gli studi scientifici effettuati sulla correlazione tra caffè e problemi cardiaci, mettendo in evidenza che un moderato consumo di caffeina (dalle 3 alle 5 tazzine al giorno) non aumenterebbe l’incidenza di aritmia. L’assunzione equilibrata di caffè può, quindi, secondo l’Isic essere considerato come parte di una dieta bilanciata e di uno stile di vita attivo.

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Dalla ricerca effettuata dall’Isic si evince che tre importanti studi hanno dimostrato che non esiste associazione tra il consumo di caffeina e l’aumento del rischio di fibrillazione atriale; che lo studio del 2011 non ha rilevato alcun aumento del rischio di aritmia in relazione all’assunzione di caffeina ma che è servito per rilevare che tra i bevitori di caffè c’è stata una significativa riduzione di tale rischio; che quattro ulteriori studi sono arrivati alla conclusione che per la maggior parte dei pazienti non c’è alcuna correlazione tra il consumo di caffè e aritmia.

A riguardo si è espressa anche la Società italiana di scienza dell’alimentazione (Sisa) che ha stabilito in una nota come siano stati “questi recentissimi dati a conferire maggior forza alla affermazione che una assunzione regolare di caffè, così come non aumenta il rischio di malattie cardiovascolari in soggetti sani,  non aumenta nemmeno il rischio di nuovi episodi cardiovascolari in pazienti già portatori di cardiopatie, diabete o ipertensione, e potrebbe anzi addirittura risultare protettivo in entrambe le categorie di persone”. La fibrillazione atriale, fenomeno per cui il cuore si contrae a un tasso molto elevato e in modo irregolare, è il tipo di aritmia cardiaca più comune, che colpisce l’1-2% della popolazione.

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