Binge drinker: questo termine (trad. abbuffata alcolica) indica il consumo eccessivo di bevande alcoliche in uno spazio ridotto di tempo, la misura convenzionale coincide con 5 o più unità alcoliche assunte in un’unica occasione. Secondo i più recenti dati dell’Istituto superiore di sanità, presentati a Roma all’Alcol Prevention Day, dei circa 3 milioni e mezzo di binge drinker mediamente censiti nel corso degli ultimi anni la quota maggiore si registra costantemente al di sotto dei 25 anni, con un picco tra i 18-24 anni e numeri superiori alla media nazionale per le ragazze di età fra i 16 e 17 anni. I giovani rappresentano la fascia della popolazione più a rischio, dunque. E fra quelli ancora sotto l’età minima legale le bevande più diffuse sono la birra, gli alcolpops e gli aperitivi alcolici. Uno su due le ha consumate in un esercizio commerciale, due su tre le hanno acquistate nei negozio nonostante il divieto.
Ancora, dai dati relativi alla mortalità prodotti dall’Iss emerge che l’alcol provoca mediamente 18.000 decessi all’anno e rappresenta la prima causa di mortalità sino ai 29 anni di età: sotto l’effetto di alcolici si cade, si commettono omicidi, ci si toglie la vita e si fanno moltissimi incidenti, principalmente stradali. Il 17 per cento circa di tutte le intossicazioni alcoliche giunte in un pronto soccorso riguarda ragazzi e ragazze sotto i 14 anni.
L’unica nota positiva, in questo quadro piuttosto sconforto, è che nell’Italia di oggi si beve di meno rispetto al passato: è sceso l’uso di alcol, sono diminuiti i consumatori e i binge drinker e sono invece aumentati gli astemi. Ciò coloro che non bevono affatto. Ogni italiano consuma in media 6 litri di alcol l’anno, soprattutto vino. Tale quota, sottolinea l’Iss, rappresenta un rilevante obiettivo di salute pubblica e annovera l’Italia tra i Paesi più virtuosi in termini di conseguimento del goal concordato dalle più importanti strategie globali di contrasto al rischio alcol-correlato. Ciò non toglie tuttavia che i numeri complessivi risultino ancora troppo elevati e che i target più vulnerabili coincidano con i minori, i giovani, le donne e gli anziani.
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