E tu che dentifricio usi? Mica semplice la risposta visto che in commercio ce ne sono ben 1940 con prezzi che vanno da un euro a quasi dodici. Impossibile fare la conta degli spazzolini poi: dai manuali – che hanno costi sotto l’euro – a quelli elettrici per i quali si può sborsare fino a 200 euro. I luoghi dell’acquisto, negli anni, si sono moltiplicati: dalla classica farmacia, al supermercato, parafarmacie, profumerie, autogrill. I dentifrici promettono di curare tutto: carie, denti sensibili, tartaro, gengivite, alitosi, macchie.
Secondo i dati di Cosmetica Italia, l’associazione delle imprese di settore, gli italiani comprano il dentifricio nella grande distribuzione. Seguono le farmacie, dove ci si affida per prodotti più specifici. In generale l’oral-care copre l’8,5 per cento del fatturato del mercato dei cosmetici. Ma i dentifrici non sono tutti uguali. Ci sono tre grandi fasce: nella prima rientrano le specialità medicinali (quelle contenenti un principio attivo che cura una patologia); nella seconda i dispositivi medici che hanno un lieve principio terapeutico e si vendono solo in farmacia; la terza riguarda i dentifrici cosmetici per la normale pulizia della bocca.
Carmine Guarino, responsabile ONDICO, centro nazionale che fa capo alla Commissione Europea e che si occupa delle certificazioni CE, sottolinea come nei prodotti cosmetici non vi è molta differenza, anche perché le oscillazioni di prezzo le fa il mercato e non certo la qualità della pasta dentifricia. “Molto più importante – aggiunge – è lo spazzolino: non molto duro, non molto grande, da cambiare spesso, usare bene, evitare quelli con fibre animali, naturali, lavarsi i denti subito dopo un pasto, fare visite periodiche dal dentista”. Buona abitutine è quella di imparare a leggere le formulazioni dei dentifrici, che sono pieni di allergeni, tipo peg, sodio lauryl solfato, parabeni, siliconi, anche triclosan. Sotto accusa è in particolare la polvere di silicio, fortemente abrasiva. Come evitarla? Bisogna soppesare i tubetti: quello che pensa meno conterrà meno silicio.
Altra verifica che bisogna fare riguarda il potere di abrasività, specie di quelli sbiancanti: la soglia non deve superare i 60 RDA (relative dentin abrasivity). Valori più alti possono danneggiare lo smalto e creare ipersensibilizzazione. Contro le carie, invece, sappiamo esserci il fluoro, la cui dose non deve valicare i 1450 ppm.
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