Portare il pendolo in sala operatoria? Perché no, se l’ipnosi può sostituire l’anestesia generale. Questa sembra essere l’ultima tendenza in fatto di interventi chirurgici. Le prime sperimentazioni si sono tenute a Parigi e con esito positivo. Settanta donne che dovevano operarsi di cancro al seno presso l’Istituto Curie, hanno scelto l’ipnosi al posto dell’anestesia generale. Un’anestesia locale in verità è stata effettuata nell’area interessata dall’intervento, ovvero sulla mammella. Per il resto l’anestesista ha proceduto a far cadere in ipnosi le pazienti.
Una di loro ha raccontato come, trattandosi del suo dodicesimo intervento, non ne potesse più dell’anestesia generale, a causa degli effetti postumi, sempre difficili da smaltire. Attenzione però: non tutti possono accedervi e di solito si applica a categorie di pazienti che hanno esigenza di recuperi veloci, tipo le giovani madri. Si presta bene anche per i cardiopatici o per chi ha problemi respiratori, casistiche per le quali l’anestesia generale può rivelarsi pericolosa.
Sull’efficacia del metodo Enrico Facco, docente di Anestesia e rianimazione del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova, ha le idee piuttosto chiare: “l’ipnosi è sicuramente uno strumento efficace in sala operatoria – ha sottolineato i medico – ma non può sostituire completamente l’anestesia. Solo un terzo circa dei pazienti, infatti, può sottoporsi a questa tecnica. Infatti non tutte le persone sono capaci di entrare in stato ipnotico”.
Molto fa dunque la predisposizione del paziente a lasciarsi andare, più che alle abilità dell’anestesista. In media, sono tre o quattro su dieci i pazienti che non hanno problemi a entrare in uno stato di trance. I feedback migliori si hanno in odontoiatria, dove già da tempo si usa l’ipnosi. C’è invece un cinque-dieci per cento di ricoverati che non sono per nulla ipnotizzabili. Ne rimane un ottanta per cento, però, che potrebbe affrontare la paura della sala operatoria indubbiamente con molta più serenità
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