Essere insonni aumenta di molto l’ipertensione. Il dato emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Hypertension e che ha visto coinvolti ricercatori di più istituti, come il West China Hospital, affiliato alla Sichuan University di Chengdu (Cina) e del Pennsylvania State University College of Medicine di Hershey (Usa), coordinato da Xiangdong Tang.
Lo studio è stato condotto su un gruppo di 219 persone affette da insonnia cronica e su 96 indivisui che non avevano alcun disturbo del sonno. Dopo una notte da svegli, a tutti i partecipanti sono stati concessi quattro intervalli da venti minuti ciascuno per dormire durante la giornata successiva. In questa fase è stato attivato un test, il Multiple Sleep Latency, che ha il compito di verificare l’intervallo di tempo che intercorre tra la chiusura degli occhi e l’effettivo addormentamento.
La metà del campione ha impiegato quattordici minuti per addormentarsi, l’altra metà invece è rimasta in uno stato di “ipervigilanza”, impiegandoci più di quattordici minuti. E’ stata poi misurata loro la pressione sanguigna. Gli individui ipervigili, secondo gli esperti, correvano un rischio di ipertensione maggiore del 300 per cento rispetto agli altri. Se la latenza del sonno superava i 17 minuti, il rischio aumentava del 400 per cento. Una latenza del sonno eccessivamente prolungata è un indicatore di “ipervigilanza fisiologica”, e secondo gli autori dello studio sarebbe l’ipervigilanza diurna il meccanismo alla base del disturbo del sonno.
“Anche se gli insonni lamentano di soffrire di affaticamento e stanchezza durante il giorno, il loro problema è che non riescono a rilassarsi – spiega Alexandros Vgontzas, uno degli autori dello studio – e le misure cui ricorrono le persone normali deprivate di sonno, come l’assunzione di caffè o di altri stimolanti, per combattere la fatica, non vanno bene per gli insonni: un eccessivo consumo di caffeina ne aumenta, infatti, l’ipervigilanza”.
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