Il fritto fa male, si sa e lo conferma una ricerca pubblicata sull’ American journal of clinical nutrition che ha osservato per circa 25 anni 100 mila persone e ha concluso che malattie coronariche e diabete di tipo 2 erano più frequenti nelle persone che consumavano cibi fritti. I fritti più pericolosi sono risultati essere quelli cucinati fuori casa: chi ne mangiava da 4 a 6 volte alla settimana aveva un rischio del 36% superiore di ammalarsi di malattie coronariche e del 21% di avere il diabete di tipo 2 rispetto a chi consumava cibo fritto meno di una volta a settimana.
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“Questo è l’aspetto da sottolineare. C’è, infatti, grande differenza fra la frittura casalinga, che dura massimo 30-60 minuti, e quella dei centri di ristorazione o delle aziende alimentari, dove l’olio viene mantenuto ad alte temperature per ore, giorni, perfino settimane. In queste condizioni si formano quantità molto più elevate di prodotti di degradazione dell’olio che possono favorire l’insorgenza di obesità, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari“, dice Vincenzo Fogliano, professore di Food Design all’Università di Wageningen (Olanda). Come cucinare un buon fritto a casa? Secondo gli esperti l’olio migliore per friggere è quello extra vergine d’oliva, ricco di grassi polinsaturi o polifenoli.
Non a tutti può piacere però: l’olio d’oliva lascia un gusto molto forte, che può disturbare alcuni palati; in questo caso si può optare per un olio di semi, magari di arachidi, più ricco di antiossidanti. A casa, si può riutilizzare l’olio per friggere solo una volta e a poca distanza dal primo utilizzo, stando attendi a togliere i pezzi che si sono carbonizzati. Seguendo queste accortezze il fritto risulta più sicuro e si può mangiare senza problemi, a patto di non superare le due volte a settimana.
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