Chi dorme non piglia pesci, ma chi non dorme rischia grosso. Per uno stile di vita sano il corpo necessita di una buona dose di riposo: il nostro orologio biologico è programmato per alternare ore di veglia durante il giorno ad ore di sonno nelle ore notturne. Questo ritmo ha profondi effetti sul benessere psicofisico, sull’umore, sugli squilibri ormonali e sulla temperatura corporea; alterare il nostro equilibrio naturale provoca un vero e proprio danno per alcuni geni e getta nel caos l’organismo.
Da uno studio inglese condotto dagli scienziati del Centro di ricerca sul sonno del Surrey arriva l’allarme: lavorare di notte fa male e provocherebbe diabete, attacchi cardiaci e addirittura il cancro. La ricerca, pubblicata sul sito della Bbc, afferma che i turni serali e notturni causano uno sconquasso a livello molecolare e provocano seri danni al cervello, al cuore e alle funzionalità renali. “Gli effetti acuti sono piuttosto gravi e molto più veloci di quanto si immaginasse“, ha dichiarato il Prof. Hugh Piggins, ricercatore presso l’Università di Manchester.
L’equipe, come si legge negli atti pubblicati dalla National Academy of Sciences, ha seguito per tre giorni 22 persone in perfetta salute impegnate in turni di notte; gli scienziati hanno forzato i soggetti a vivere giornate di ventotto ore, mantenendoli in un ambiente chiuso illuminato da luce artificiale, e hanno agito sul ritmo sonno-veglia: per ciascuno di loro il momento di coricarsi è stato ritardato di 4 ore per ogni giorno dell’esperimento. I risultati si sono rivelati parecchio dannosi per l’organismo: non dormire di notte disabilita il 97% dei geni programmati per attivarsi a determinate ore del giorno ed il mutamento di questi geni, che costituiscono il 6% del DNA, rende il corpo più vulnerabile.
Oltre a stanchezza, depressione e ansia l’alterazione del ritmo vitale provocherebbe quindi patologie più serie e più difficilmente curabili: una cattiva notizia per tutti i lavoratori costretti ad adeguarsi alle esigenze economiche del mondo globalizzato.
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