Sono 230 gli ospedali italiani che hanno ricevuto il “bollino rosa” dell’Osservatorio nazionale sulla salute della Donna (O.n.Da): si tratta di ”un marchio che standardizza servizi e attenzione alla salute della donna, tema che andrebbe inserito nella programmazione nazionale perché ci sono ancora deficit qualitativi e strutturali. E chi ha il ‘bollino rosa’ potrebbe diventare struttura di riferimento per le buone prassi per tutti gli ospedali che puntino ad adeguarsi”, ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sabrina De Camillis.
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Nello specifico, 65 strutture sono state premiate con il massimo riconoscimento (3 bollini), mentre 105 ne hanno ricevuti 2 e 60 uno; una menzione speciale è andata a quei dodici ospedali (tra Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Trentino Alto Adige) che, dal 2007 a oggi, hanno sempre ricevuto 3 bollini. Sul podio si piazzano la Lombardia (63 strutture), il Veneto (23) e il Lazio (21), ma l’aspetto positivo è che ”cominciano a esserci buoni piazzamenti anche al sud, quindi il Programma comincia ad avere una rappresentazione nazionale del fenomeno’‘, ha spiegato Walter Ricciardi, presidente della commissione interdisciplinare che ha valutato le strutture. ”Abbiamo adottato un nuovo sistema di valutazione, con criteri più specifici guardando alla qualità e alla specificità dell’offerta nei confronti delle donne”.
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In particolare, la valutazione ha preso in considerazione la presenza di servizi nell’ambito delle specialità di maggior rilievo clinico ed epidemiologico per la popolazione femminile, l’appropriatezza del percorso diagnostico-terapeutico in relazione alle esigenze della paziente e la presenza di servizi per l’accoglienza e per la tutela della sua dignità. Quest’anno sono stati inseriti due focus sulla neonatologia (e sulle nascite premature) e sulla sclerosi multipla, una malattia che colpisce soprattutto le donne.
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“Vogliamo trasformare il processo di assegnazione dei bollini in un vero e proprio programma di certificazione in modo da giungere a conclusioni basate su verifiche attive e non solo più sull’acquisizione di informazioni autocertificate. Altra nostra idea è quella di iniziare a tratteggiare un possibile Ospedale della donna, riprendendo il modello tedesco austriaco e quello americano di Boston”, ha concluso il vicepresidente di O.N.Da, Alberto Costa.
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