Per i Greci e i Romani, ma anche nell’antica Cina, usare i fiori per insaporire le pietanze era una prassi comune. Una tradizione che viene oggi riscoperta anche grazie a uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Molecules, secondo cui alcuni comuni tipi di fiori contengono un alto concentrato di antiossidanti, minerali, fosforo e potassio. Stiamo parlando dei gerani, viole wittrockiane, pansè, bocche di leone, petunie, nasturzi e tagete. Molti di questi nomi potranno non dirvi molto, ma se cercate le foto vi renderete conto che sono tra i fiori più comuni, probabilmente ne avrete anche sul vostro balcone. L’idea di mangiare fiori vi sembra bizzarra? Pensate alla bontà dei fiori di zucca!
In alcune ricette della cucina regionale l’uso dei fiori di campo è non strano, anzi. Risotto al tarassaco (quei grandi fiori gialli che si trovano in tutti i prati), fiori d’acacia fritti, risotto alla rosa… Sono veramente tanti i piatti che si possono preparare con i fiori. Il freno verso l’utilizzo dei fiori in cucina arriva più da un blocco “culturale”: il fiore non è visto come un alimento, ha una funzione estetica, curativa, ma non gustativa. E invece sono tantissime le specie di fiori apprezzate per il loro gusto e che contengono tante sostanze benefiche per il nostro organismo.
I valori nutrizionali dei fiori possono essere suddivisi in tre parti. Il polline contiene: carboidrati, sostanze azotate, lipidi, carotenoidi e flavonoidi. Nel nettare si trovano un concentrato di: zuccheri semplici, aminoacidi, proteine, sali, acidi organici, sostanze fenoliche, alcaloidi e terpenoidi. I petali invece: vitamine, sali minerali, e altre sostanze antiossidanti. Un altro concentrato di vitamina A si trova nei fiori di colore giallastro, che sono quelli generalmente più “buoni” di sapore.
Naturalmente prima di utilizzare qualsiasi tipo di fiore, è necessario seguire alcune precauzioni. Ecco una lista di consigli da seguire:
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