Addio Alfie Evans: al bimbo non è stato permesso di morire in casa

Alfie Evans ha trascorso oltre 70 ore senza l’aiuto delle macchine ma poi ha smesso di respirare: il bimbo è morto nella sua camera d’ospedale dopo l’impedimento di trasferirsi in altre strutture europee o anche semplicemente di tornare a casa con i suoi genitori.

Alfie Evans è morto nella notte tra il 27 e il 28 aprile 2018, alle ore 2.30. Ha smesso di respirare nella sua stanza all’Alder Hey Hospital di Liverpool, dove era ricoverato da tempo e dove da qualche giorno erano stati sospesi i supporti vitali delle macchine (lunedì alle 22.17, su ordine del giudice Anthony Hayden, era stata interrotta la ventilazione). I genitori hanno dato l’atteso ma triste annuncio su Facebook, con un post carico di dolore ma anche ammirazione per la tenacia dimostrata dal piccolo fino alla fine. I medici credevano che Alfie, senza macchine, sarebbe morto nel giro di pochi minuti. Lui, invece, ha tenuto duro per oltre 70 ore.

I genitori erano entrati in contrasto con i medici da tempo: loro non volevano staccare la spina al proprio bambino, affetto da una grave malattia neurodegenerativa per la quale non era possibile fornire alcuna diagnosi esatta. I dottori però hanno richiesto l’intervento di un giudice, il quale ha finito col dare ragione agli esperti. La Corte britannica ha anche vietato il trasferimento di Alfie a Roma o a Monaco di Baviera, dopo medici e politici (oltre che il Papa) avevano mostrato un’apertura per cercare di dare un’ultima chance al piccolo. Non che la situazione concedesse molti spiragli: al piccolo erano stati riconosciuti handicap pesanti che sarebbero rimasti anche nel caso di terapie sperimentali. A rammaricare, semmai, è l’atteggiamento chiuso ed autoritario che è stato mostrato senza alcuna empatia.

Alcuni esperti hanno dato ragione all’Alder Hey Hospital di Liverpool, affermando che Alfie non aveva speranze di guarire, ma questo non era affatto un parere unanime. Il professor Nikolaus Haas, direttore del dipartimento di Cardiologia pediatrica e terapia intensiva all’ospedale dell’Università Ludwig-Maximilian di Monaco, ad esempio, si era offerto di visitare il paziente e di accoglierlo. La visita è avvenuta, ma di nascosto: a quanto pare l’ospedale non voleva che altri medici vedessero Alfie, così i genitori del piccolo lo hanno condotto in ospedale fingendo fosse un amico di famiglia. Peccato che quando l’équipe locale ha scoperto che si trattava di un professionista, si è rifiutata di parlargli.

Altra immensa giustizia è stata quella di negare a Tom e Kate Evans di portare Alfie a casa. La coppia avrebbe voluto almeno fargli trascorrere gli ultimi giorni nella sua stanza, ma i medici pur senza rifiutarsi avevano detto che gli sarebbero serviti 4-5 giorni per decidere. Ovviamente Alfie non aveva tutto quel tempo a disposizione e si è spento in ospedale, proprio lì dove aveva trascorso gran parte della sua vita.

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Photo credits Facebook

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