Cellule tumorali, nuova cura sfrutta il dna: si potrà riprogrammare per uccidere il cancro

Le cellule tumorali potrebbero avere i giorni contati: una nuova tecnica, infatti, ha ottenuto risultati estremamente positivi per quanto riguarda la riprogrammazione del dna e la conseguente guarigione.

Hackerare un computer significa entrare al suo interno e scombinare l’ordine naturale delle cose con qualche virus, il furto di qualche file o semplicemente con l’interruzione delle comunicazioni con l’esterno. Queste azioni davvero poco lodevoli descrivono a grandi linee quanto ipotizzato dagli scienziati del Mit di Boston, teoria poi pubblicata sulla rivista Science. Il loro primo passo è stato quello di inserire sequenze di dna all’interno di un batterio (nello specifico, si è trattato dell’E. Coli). Ciò ha fatto sì che il batterio reagisse a stimoli esterni quali la luce, il contatto con altre sostanze e così via.

La parte più tecnologica tuttavia è un’altra: gli scienziati hanno ideato un linguaggio di programmazione che permette ad alcune cellule di trasformarsi in veri e propri killer nei confronti delle cellule tumorali. Andrea Califano, nel team del System Biology della Columbia University, ha provato a spiegare la questione in termini più tecnici: “È un po’ come passare dal transistor al circuito integrato. Infatti con questo sistema si possono mettere insieme sequenze di dna diverse, già validate individualmente”.

Per chi non avesse ancora capito del tutto, basti sapere che ne potranno derivare delle cellule modificate, programmate con lo scopo di uccidere quelle tumorali (non si tratta dell’unica cura che utilizza le cellule come ‘soldati’. LEGGI ANCHE: CELL FACTORY: CELLULE STAMINALI AL POSTO DELLA CHEMIOTERAPIA. IL PROTOCOLLO ARRIVA IN ITALIA). La biografia sintetica, il ramo scientifico che se ne sta occupando, è davvero orgogliosa dei passi in avanti fatti finora. Riprogrammare le cellule potrebbe diventare ben presto la tecnica di riferimento per la lotta al cancro, grazie al linguaggio chiamato ‘Verilog’ e all’ambiente informatico battezzato col nome di ‘Cello’. E Califano suggerisce: “Uno dei più probabili usi di questo sistema è quello di trasformare le cellule in biosensori, quindi istruirle in modo da capire se ci sono segnali della presenza di cellule cancerogene e rilasciare, per esempio, un virus che le uccida. E chi non vorrebbe poter contare su questa nuova famiglia di virus?

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