Tumori e infertilità: i farmaci sono a carico delle donne

Diventare mamme dopo un tumore non è più un sogno, ma una realtà. Il problema però è che i farmaci che servono alle donne per preservare la fertilità sono a loro carico, non mutuati dal sistema sanitario nazionale, nonostante la loro efficacia sia ormai riconosciuta da numerosi studi scientifici.


TUMORE AL SENO: IL NUOVO FARMACO PER COMBATTERE LE FORME PIU’ AGGRESSIVE

Ogni anno 5.000 donne nel nostro Paese devono confrontarsi con un tumore quando ancora potrebbero diventare madri. Quali sono le risposte del Sistema Sanitario Nazionale? Ancora insufficienti. Il costo dei farmaci è a completo carico delle pazienti e manca un osservatorio nazionale”, dice Elisabetta Iannelli, segretario Favo. Proprio le associazioni come Favo, Ando, Aimac e Salute donne hanno inviato un appello al Ministero della salute per cambiare la normativa. Sono circa 3000 le giovani donne, in Italia, che sono a rischio di infertilità per colpa della malattia ed è loro interessare cercare di rimanere fertili. La maggior parte di queste donne sono affette da tumore al seno e linfomi, che vengono curati con chemioterapie potenzialmente dannose per la fertilità femminile.

Per cercare di prevenire l’infertilità conseguente alla chemioterapia vengono raccolti gli ovociti prima dei trattamenti e poi crioconservati. Si l’utilizzano poi dei farmaci (analoghi LHRH) che proteggono le ovaie. Queste due tecniche vengono usate solitamente insieme e permettono alle donne di avere una gravidanza, successivamente al tumore, nel 50% dei casi. Il costo complessivo per il trattamento farmacologico con LHRH è stimato in 77.000 euro all’anno per il Servizio sanitario nazionale Se tutte le pazienti candidate alla preservazione della fertilità si sottoponessero alla crioconservazione, la spesa totale ammonterebbe a circa 1.500.000 euro. C’è sicuramente bisogno di più informazione e di un cambiamento nella legge, per consentire alle donne di poter avere un figlio anche dopo il cancro.

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