Un nuovo sì ai farmaci cannabinoidi, ma a cosa servono?

Lo scorso 8 aprile il Consiglio regionale dell’Umbria ha approvato a maggioranza la proposta di legge sulle disposizioni per la somministrazione ad uso terapeutico dei farmaci cannabinoidi, che ne prevede l’erogazione gratuita per cure palliative e terapie del dolore. Si riaccende così il dibattito sull’uso della cannabis a scopo terapeutico, tra scettici e promotori.

Nel 2007 l’allora ministro della Salute Silvia Turco presentò un provvedimento nel quale si riconoscevano per la prima volta le proprietà terapeutiche del principale principio attivo della cannabis, il Thc, e di altri due farmaci analoghi di origine sintetica, il Dronabinol e il Nabilone. Nel 2013, un nuovo decreto firmato dal ministro Balduzzi sottolineava il divieto di coltivazione delle piante di marijuana nel territorio dello Stato, ma autorizzava istituti universitari e laboratori pubblici alla coltivazione per scopo scientifico, sperimentale o didattico.

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Ma a cosa servono i farmaci a base di cannabis? Secondo gli esperti possono essere utili per il trattamento di molte patologie: terapia del dolore, pressione sanguigna dell’occhio, asma, epilessia. I ricercatori ne hanno testato anche l’efficacia in casi psichiatrici e di depressione, per la cura di malattie neurodegenerative come la sclerosi multipla e per stimolare l’appetito in chi è affetto da Aids.

Lo scorso gennaio Luca Pani, direttore generale dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), nella trasmissione Telecamere Salute di Rai 3, aveva ben illustrato le caratteristiche dei cannabinoidi e ne aveva sottolineato l’importanza per il trattamento sintomatico di spasticità muscolare e aveva affermato. “Attualmente in Italia è disponibile un farmaco che è una combinazione di due dei principi attivi che sono contenuti nella cannabis“. Quest’ultima, aveva specificato Pani contiene circa 400 prodotti, di cui 60 sono cannabinoidi, ma solo 4 di essi sono ben caratterizzati: il delta-8-tetraidrocannabinolo, il delta-9-tetraidrocannabinolo, il cannabidiolo e il cannabinolo.

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Il medicinale, disponibile nel nostro Paese – aveva aggiunto il direttore generale – è la combinazione tra il delta-9-tetraidrocannabinolo e il cannabidiolo”. Un farmaco realizzato dall’estratto dei fiori e delle foglie della cannabis sativa i cui benefici per i malati spastici sono molti: “Il delta-9-tetraidrocannabinolo e il cannabidiolo sono sinergici, ovvero svolgono congiuntamente un’azione nei pazienti che non hanno risposto adeguatamente ad altri antispastici, che hanno una spasticità da moderata a grave e che sono sotto il controllo medico per questa prescrizione. In questi casi gli estratti della cannabis spesso funzionano laddove gli altri farmaci non hanno funzionato, si tratta di una loro peculiarità. Non sempre questi due composti sono sinergici anzi in alcuni casi come la psicosi, la sedazione e lo stimolo dell’appetito sono uno antagonista dell’altro“. Il sì dell’Umbria rappresenta così un nuovo passo in avanti nell’uso terapeutico della marijuana che segue Puglia, Sicilia, Marche e Toscana.

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