Cibo da strada, i rischi per la salute e le buone pratiche da seguire

Dalla piadina romagnola al kebab, passando per la più tradizionale focaccia: il cibo di strada è sempre più diffuso in Italia e in tutte le città del mondo, perchè comodo e più economico di un piatto consumato seduti al ristorante. Questo però non vuol dire che è privo di rischi per la salute: alcuni ricercatori del Dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare dell’Iss, hanno identificato i principali fattori di rischio associati al cibo di strada, che possono presentarsi quando si selezionano le materie prime, quando vengono conservati gli alimenti e quando vengono preparati e confezionati.

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“Il cibo pronto per il consumo, venduto su banchetti, carretti e furgoni disseminati per le strade presenta, soprattutto nei paesi poveri, numerosi vantaggi: è di facile accessibilità, rappresenta una buona fonte nutrizionale, permettendo un’ampia scelta di cibi a buon mercato e, non ultimo, gioca un ruolo rilevante nell’economie di queste comunità, oltre a preservare le culture alimentari locali. Ma proprio per la sua ampia diffusione e importanza ne va garantita la sicurezza: innanzitutto attraverso l’istituzione e l’applicazione di regolamenti appropriati, ma anche, e soprattutto, tramite lo sviluppo di semplici buone pratiche che rendano il cibo di strada conforme ai requisiti di sicurezza anche per i contaminanti chimici”, ha spiegato Alberto Mantovani, coautore dello studio apparso su Food and chemical toxicology.

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Il primo fattore di rischio è rappresentato dal luogo in cui è ubicato il punto vendita: “questi stand itineranti sono ubicati nei punti di maggior traffico stradale, nei pressi di stazioni ferroviarie o nelle vicinanze delle fabbriche, per poter sfruttare la pausa pranzo dei lavoratori, e quindi sono facile bersaglio dell’inquinamento atmosferico. Senza considerare poi che in tutta l’area intorno al banchetto non c’è spesso disponibilità di acqua pulita, di strutture di smaltimento dei rifiuti, nè di servizi igienici”, hanno aggiunto le ricercatrici Chiara Frazzoli e Ilaria Proietti, che sottolineano come “anche le condizioni di conservazione e trasporto del cibo siano spesso carenti dal punto di vista della sicurezza”.

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Altre contaminazioni indesiderate degli alimenti possono provenire da alcuni metodi di cottura come gli idrocarburi policiclici aromatici (che si sviluppano ad esempio quando si cuoce alla griglia) o l’acrilamide (quando si friggono alimenti ricchi di amido come le patate. Per questo, gli autori dello studio hanno indicato anche una serie di buone pratiche da seguire (Point of particular attention) per poter rendere più sicuro il cibo di strada: innanzitutto il punto vendita dovrebbe essere localizzato in uno spazio protetto e la preparazione e la vendita dei cibi dovrebbe avvenire in un luogo pulito; il cibo esposto dovrebbe essere sempre tenuto coperto e l’acqua usata per preparare i cibi deve rispettare gli standard internazionali dell’acqua potabile. Poi chi confeziona il cibo da strada deve conoscere la fonte delle materie prime e degli ingredienti e controllare i sistemi di trasporto e di conservazione degli alimenti, per ridurre al minimo lo sviluppo di funghi e muffe. Attenzione anche alle pentone e agli utensili con cui vengono preparati gli alimenti, che devono essere cotti a temperatura bassa e costante.

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